Où nous sommes : Pizzighettone (CR) Lombardia

Il borgo di Pizzighettone

Pillole di storia

Pizzighettone: origine del nome

Secondo i linguisti, Pizzighettone sarebbe un nome di derivazione germanica formato da tre elementi:

PIZZI: dall'antico germanico "spitze" = lingua di terra sul fiume
GET: dall'antico germanico "gaet"  = via, strada
TON: dall'antico germanico "tunum" = villaggio

Su tale base Pizzighettone significherebbe "villaggio sulla via dove una lingua di terra si protende verso il fiume". Per altri l'origine va ricondotta alla presenza della tribù celtica degli JUGUNTI che abitavano un  villaggio su una penisoletta ("spitze") sulla riva sinistra del fiume Adda: da qui "Piz Juguntorum" ottenuto sostituendo il "forum" del precedente "Forum Juguntorum" (per i Romani "forum" era ogni località dove si tenesse un mercato, del commercio o incontro tra genti diverse) con lo "spitze" dei nuovi conquistatori.

Primi tempi

AcerraI primi reperti storici sono relativi al Periodo Etrusco. Testimonianze parlano della città etrusca di ACERRA (l’odierna Gera) come presidio fortificato sulla riva destra del fiume Adda conquistata prima dagli Jugunti (tribù del popolo dei Celti) nel V A.C. e poi dai Romani nel 222 A.C. quando l'Italia settentrionale fu annessa allo stato romano. Una strada militare romana (Antica Cremonensis) univa la città di Cremona a Lodi/Milano attraversando il fiume Adda nella località di Acerra per cui i Romani mantennero il "castrum". L'ubicazione di questo castrum permetteva di controllare le vie di comunicazione terrestre e fluviale. La località rimase un confine naturale tra due territori governati da potenze diverse assumendo sempre più importanza commerciale e militare fino al 1750 circa. A seguito delle Invasioni Barbariche con l'arrivo dei Longobardi prima e dei Franchi poi la località di Acerra fu abbandonata.

Età Comunale

Si ritornò a parlare della località a partire dal 1100, all'epoca dei Liberi Comuni, quando il Comune di Cremona, per controllare il confine occidentale del suo territorio, iniziò la costruzione sulla riva sinistra del fiume Adda di una torre di guardia, divenuta poi un castello. Il castello serviva per limitare scorrerie e tentativi di espansione da parte di lodigiani e milanesi. Grazie alla posizione strategica la località fu dichiarata "borgo franco" godendo di tutti i diritti e doveri di una città. Era necessario però mantenere efficienti le fortificazioni ed garantire il passaggio sul fiume.

Le Signorie

Quando il borgo passò sotto la dominazione di Milano i Visconti prima e gli Sforza poi si trovavano di fronte a una nuova esigenza ovvero quella di difendere il confine orientale del ducato dai Veneziani. Il borgo venne trasformato in una vera e propria fortezza: fu quindi restaurato il castello e rafforzato notevolmente il sistema difensivo con solide ed imponenti mura merlate alte 15 metri e torri di circa 20 metri, circondate da fossati alimentati dalle acque del Serio Morto. L’acqua era quindi un elemento essenziale sia per sopravvivere in caso di assedio, sia per la difesa della stessa.

Le Invasioni Straniere

La fine del periodo delle Signorie coincise con l'inizio delle invasioni straniere. Per far fronte alle nuove armi utilizzate, come i potenti cannoni dei francesi, si rese necessario ripensare completamente le difese murarie per passare da una difesa piombante (cioè "dall'alto") ad una difesa ficcante e radente (cioè "orizzontale"). Le mura furono abbassate, le torri portate a livello e tolti i merli. Sopra le mura vennero creati dei terrapieni per far slittare sulla superficie le palle dei cannoni. Con la nuova configurazione della fortezza nacquero così bastioni, mezzelune, troniere ed archibugiere al posto delle precedenti ed obsolete bertesche, merlature e guardiole. Nei primi anni del Cinquecento il borgo venne conquistato dai francesi di Carlo VIII.

Francesco I di Valois

Il borgo fortificato di Pizzighettone fu dominato per un breve periodo dalla Repubblica di Venezia. Nello stesso periodo ripresero le mire di annessione del ducato di Milano da parte dei francesi e degli spagnoli organizzati in opposte coalizioni con mercenari di varie genìe. L’insanabile conflitto per il predominio europeo tra Francia e Spagna giunse al termine con la battaglia di Mirabello di Pavia del 1525: i francesi furono sconfitti dall’esercito di Carlo V d’Asburgo ed re Francesco I di Valois, fu fatto prigioniero. Il sovrano sconfitto giunse a Pizzighettone scortato da 1200 archibugieri spagnoli. Dal castello scrisse alla madre informandola dei rovinosi esiti della guerra; la tradizione riassume la lettera nella celebre frase "Tutto è perduto fuorché l'onore!".

Il sovrano durante i circa ottanta giorni della sua reclusione divenne amico del colto parroco di allora, Gian Giacomo Cipelli. Della sua permanenza in riva all’Adda, il sovrano francese serberà, comunque, un buon ricordo. Alla sua liberazione nel gennaio del 1526 ricompensò il parroco conferendogli il titolo di Elemosiniere privato e inviò alla parrocchiale di Pizzighettone preziosi doni, tra cui una spina della Corona di Cristo, proveniente dal tesoro della Sainte Chapelle e paramenti sacri, manto regale, paliotto d'altare, oggi esposti al Museo diocesano di Cremona.

Le dominazioni straniere

La battaglia di Pavia diede inizio ad un periodo di dominazione spagnola che si protrasse fino alla prima metà del 1700, confermando il destino marziale di Pizzighettone. Nel 1700 gli Austriaci, avendo sconfitto la Repubblica di Venezia e conquistato il ducato di Milano, divennero padroni del territorio fino al fiume Ticino. L'Adda non era più un fiume di confine ed anche la fortezza non era più di primaria importanza. Nel penultimo decennio del Settecento, con Giuseppe II ebbe inizio un parziale smantellamento della fortezza pizzighettonese, interrotto solo durante l’effimera occupazione napoleonica. Durante la Restaurazione, infatti, contemporaneamente alla smilitarizzazione della piazzaforte, proseguì la demolizione del castello, già molto degradato da un incendio scoppiato nel 1801.

L'Unità d'Italia

Una prima appartenenza ai Savoia, durante la Prima Guerra d'Indipendenza, fu il preludio per il passaggio successivo, dopo un breve ritorno degli Austriaci, al Regno d'Italia ed successivamente alla Repubblica Italiana. In questo periodo la fortezza rimase un importante punto di riferimento per rifornimenti militari grazie alla presenza del Genio Militare fino alla fine del 1960 e per il permanere del carcere fino alla fine del 1950.
Tra gli ospiti più "illustri" ricordiamo la banda Barbieri che nel 1946 aveva capeggiato la rivolta del carcere San Vittore di Milano.
In seguito fu attivo il Centro di Rieducazione Minorenni ospitato in nuovi locali appositamente costruiti (Villa dei Gerani) come succursale del Carcere Minorile Beccaria di Milano. Tra gli ospiti si ricorda Renato Vallanzasca.